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Giustizia e pace: diritti da salvaguardare e promuovere
Maturità individuale e coesione nella coppia
“La Risposta delle Donne alla Crisi” è stato il tema portante di quest’anno, in relazione al  difficile momento economico che l’Europa sta attraversando. Il 13 marzo scorso, come WFWP abbiamo presentato la nostra conferenza dal titolo “La risposta delle Donne alla Crisi Economica: Cooperazione, Solidarietà, Governance”, organizzata con la collaborazione della sezione italiana della Universal Peace Federation (UPF) e dell’International Parliament for Safety and Peace (Organizzazione Intergovernativa degli Stati), presso la Sala delle Bandiere.
 “L’Europa è per le Donne” è il nome del progetto del Parlamento Europeo, cominciato nel 2012, per promuovere dibattiti sulla condizione delle donne e politiche per l’uguaglianza di genere, con l’obiettivo di valorizzare la vita associativa femminile.
 
La Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo (WFWP Italia)ha potuto essere inserita per il secondo anno consecutivo nel programma dell’Ufficio d’Informazione per l’Italia del Parlamento Europeo a Roma.
Hanno partecipato all’evento 52 persone tra ospiti, soci della WFWP e Ambasciatori di Pace.  Le tre organizzazioni coinvolte nell’evento sono accreditate alle Nazioni Unite presso la ECOSOC (Commissione Economica e Sociale).
     
La conferenza è iniziata con i saluti della Dott.ssa Laura Caterini dell’Ufficio Informazioni del Parlamento Europeo a Roma, la quale ha spiegato al pubblico presente il ruolo dell’ufficio stesso  in tutte le nazioni dell’Unione Europea e di come è nato il progetto del mese di marzo,  collegato ai bisogni e alle politiche in favore delle donne. La Dottoressa Caterini ha espresso a nome dell’Ufficio la sua gratitudine alla WFWP che nel periodo di un anno dall’inizio della collaborazione, è stata in grado di organizzare 3 significative conferenze.
 
Maria Gabriella Mieli, presidente uscente della WFWP Italia, e rappresentante ONG in Italia per la WFWP International, ha moderato l’evento introducendo i relatori e leggendo il messaggio inviato dal Dottor Antonio Imeneo, Alto Commissario  per la Difesa delle Donne e della Gioventù dell’ International Parliament for Safety and Peace, che così riporta: “Un grazie sincero alla Women’s Federation for World Peace Italia nelle persone della Presidente entrante Elisabetta Nistri, unitamente a Flora Grassivaro responsabile dell’area del Triveneto e Maria Gabriella Mieli, Presidente uscente, per l’invito che mi avete rivolto e per l’occasione che mi offrite di partecipare a questo convegno  quale Alto Commissario per la Difesa delle Donne e della Gioventù dell’Internationa Parliament for Safety and Peace.
Non potendo essere presente all’incontro per una grave forma influenzale che ha colpito me e la mia famiglia, voglio comunque inviare un mio pensiero e saluto.
 
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Dalla Conferenza Mondiale delle Donne a Pechino nel 1995 è venuto alla ribalta un dato importante: le donne italiane sono quelle che lavorano di più nel mondo. Sicuramente è un dato impressionante, che non immaginavo, dal momento che  ritenevo che le donne in altri Paesi vivessero in condizioni di maggiore sfruttamento. Le donne italiane lavorano di più perché uniscono al lavoro extra domestico a tempo pieno (36, 40 ore alla settimana e che ormai per molti di noi è una realtà), un lavoro domestico, quasi integralmente a loro carico. Negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti, dove si registra una forte presenza femminile nel mercato del lavoro esterno, il riparto del carico del lavoro di cura è molto diverso. 
Questo dato italiano è unico e non trova riscontro in altri Paesi del mondo ed è stato anche quantificato. Vi fornisco alcuni dati provenienti da diverse indagini: ad esempio dall’Osservatorio Regionale della Unioncamere, il monte ore di lavoro di almeno un terzo delle donne supera le 70 ore alla settimana. La media si colloca tra le 56 e le 60 ore alla settimana, mediamente 14 ore in più dei propri compagni o mariti.
 
Sono sufficienti questi dati per capire come una donna, una mamma, una moglie ed una professionista siano il perno non solo della famiglia, o di un’ attività professionale, ma di uno Stato e della società in cui esse vivono. Per questo dico Loro grazie di esistere. Insieme ad una profonda riflessione sia su questi dati che sui contenuti che emergeranno da quanto esporranno gli illustri relatori, auguro Buon Lavoro e buon proseguimento a Tutti Voi”.  
 
La dottoressa Cristina Toso, vice-presidente della Commissione delle Politiche Culturali e rappresentante del Comité International de l’Europeade per il comune di Padova, ha aperto i lavori con un intervento dal titolo “ La Mezza Luna che Illumina: Donne, Nuove Strateghe di Risorse nel Cambiamento”.
 
Come moglie, madre e donna impegnata attivamente nell’affrontare e cercare di risolvere  situazioni e problemi che coinvolgono i cittadini nella realtà padovana tramite la sua attività lavorativa, la Dottoressa Toso, attraverso la sua relazione, ha fatto una panoramica relativa all’impatto della crisi economica, relativa alla situazione di uomini e donne nel mondo del lavoro oggi e relativa alle politiche di genere a livello internazionale, in particolare Europeo, sulla posizione dell’Italia in merito a questi ambiti, avvalendosi di grafici e statistiche degli ultimi 10 anni, con particolare riguardo agli anni 2010, 2011 e 2012.
 
Da uno studio diacronico comparato di ricercatori esperti  sulle tematiche affrontate ha sottolineato: “Istruzione e formazione appaiono come i settori politici più colpiti dai tagli di bilancio, nonostante l’accordo in corso che ha l'obiettivo primario di uscire dalla crisi, attraverso una crescita intelligente basata sulla conoscenza.  Mentre tra la popolazione italiana le donne  appaiono al passo con il livello di istruzione degli uomini, emergono come  gruppi vulnerabili nel campo dell'istruzione e della formazione  le donne migranti e i senza tetto (tra i quali gli uomini sono sovra- rappresentati). Le strategie nazionali di politiche pubbliche durante questa prima fase della crisi si sono concentrate anche sulla proroga dell’orario scolastico. Tali organizzazioni sono particolarmente vantaggiose non solo per i bambini, che beneficiano di maggiori opportunità per imparare e socializzare, ma soprattutto per le donne alle quali è demandato il lavoro di cura e la conciliazione della vita familiare e della vita lavorativa(rif. Eurostat).
   
Rispetto all’ Europa, l’Italia non promuove politiche sulla natalità tali da sostenere e promuovere le donne. Vi sono alcuni casi virtuosi di enti locali che provano a sostenere questo ambito importante ma sono insufficienti.
Le donne, tuttavia, rispondono alla crisi economica con nuove pratiche di cittadinanza che abbracciano ambiti diversi ma complementari tra loro. Dal rapporto 2011 del SISCOS ( Servizi per la Cooperazione Internazionale) si nota che le donne coinvolte in progetti nei paesi in via di sviluppo rappresentano il 50% degli operatori stessi”.
 
Cristina Toso ha anche aggiunto che secondo la ricerca curata dalla dottoressa Vera Melgari, il 2010, anno della conclamazione della crisi economica, è stato anche l’anno del sorpasso in Cooperazione Internazionale della presenza femminile – 109 donne ogni 100 uomini (da “Un Mestiere Difficile”).
 
Il percorso delle donne in Italia non si ferma di fronte alle difficoltà economiche, e con la riduzione significativa di servizi pubblici a domanda individuale (asili nido, scuole dell’infanzia e centri estivi), si sono promosse a imprenditrici creando un nuovo modello di sviluppo sociale e innovando così anche il mondo del lavoro. Sono nate realtà diverse nel mondo della promozione sociale, che portano servizi e lavoro, dando credito a una teoria economica troppo tralasciata in passato. Una pubblicazione della Banca d’Italia nel 2011 sottolinea come “un’offerta adeguata di alcuni di questi servizi (quelli diretti alla prima infanzia) favorisce la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e incide positivamente sulla natalità”
 
La Dottoressa Toso ha mostrato al pubblico presente tabelle di incremento di aziende con presenza maggioritaria femminile, imprese femminili e con manager donne, ditte individuali al femminile con coinvolgimento sia di persone a vario titolo e livello, che di denaro, passando poi ad analizzare la situazione dell’area nella quale vive e lavora, comparata al resto dell’Italia.
 
Le imprese femminili dedite al sociale vedono un incremento interessante verso il settore dedicato ai bambini, agli anziani e ai malati terminali. Le donne quindi combattono, non si fermano di fronte alle avversità. Come riporta la giornalista Monica D’Ascenzo de Il Sole 24 Ore nel suo libro “Donne sull’Orlo di una Crisi Economica”: “ Crisi o non crisi, le donne hanno sempre dovuto rimboccarsi le maniche tra impegni di lavoro, cuore di mamma e slancio sociale”.
Risulta, inoltre, da una ricerca della sociologa Monica Fabris che l’85,6% delle donne intervistate considera il denaro un mezzo, non un fine, mentre per il 56,6% delle donne contro il 36,5% degli uomini, il denaro assume importanza per quanto attiene alla sfera dell’autonomia e a quella della sicurezza.  Il denaro secondo la sociologa Fabris, non è un valore assoluto, ma qualcosa che ha a che fare con l’emancipazione e la realizzazione dei propri obiettivi di vita.
Dalle statistiche analizzate dalla Dottoressa Toso nei confronti di Donne ed Economia, le donne sono:
1.Amministratrici di Denaro della e per la Famiglia
2.Portatrici di reddito
3.Utilizzatrici di strumenti finanziari e promotrici della gestione del risparmio.
 
Il secondo relatore, Dottor Antonino Galloni,  esperto in Economia  ha intrattenuto il pubblico sul tema “Economia al Femminile”
 
Il Dottor Galloni, dopo una introduzione sui concetti di economia ed impresa in generale ,  ha catturato l’attenzione del pubblico parlando di economia al maschile, legata alla scarsità, a volte arbitraria, artificiosa, dovuta a scarsità monetaria, ed economia al femminile che porta invece allo sviluppo e all’abbondanza e  potrebbe salvarci. Si è poi soffermato sull’economia dell’abbondanza, che può essere sufficiente o insufficiente di mezzi di sostentamento a seconda delle situazioni storiche. In ogni caso una situazione di benessere o comunque migliore, si è sviluppata ogni volta che ci si è trovati di fronte anche allo sviluppo della coscienza.
     
Se analizziamo storicamente il rapporto tra esseri umani e ambiente ci possiamo trovare di fronte ad un equilibrio statico, con risorse che si rinnovano, e ad un equilibrio dinamico per livello demografico, con l’introduzione di fattori tecnologici. Nella nostra società maschile di scarsità occorre assegnare un valore ai beni e distribuirli equamente (non ce n’è per tutti), pensiamo ad esempio alle risorse idriche: chi è il proprietario? Mentre nella società femminile non c’è la scarsità, qui sì. Con scarsità la donna deve  essere monogamica per la trasmissione della proprietà ereditaria.
 Un rapporto fondamentale nell’economia è quanta tecnologia è compatibile con l’ambiente e la crescita demografica: più tecnologia c’è del tipo giusto e maggiore è il risparmio di risorse rinnovabili per unità di prodotto.
Veniamo alla moneta che è una risorsa scarsa arbitrariamente. Esistono 2 tipi di moneta: una vera che non ha valore (femminile) e una scarsa. Pensiamo all’antichità quando si viveva dei prodotti della natura, collegati all’investimento umano: ai pescatori, ai panificatori, alla cura del bestiame per avere prodotti quali il formaggio e si viveva sullo scambio. Adesso abbiamo tutto, tutti i giorni. Quindi l’umanità è   passata dall’abbondanza(fino all’ottavo – sesto millennio A.C.) alla scarsità fino a qualche decennio fa.
 
Nel tempo le cose sono cambiate, la formazione dello Stato ha visto l’introduzione della complessità e l’immissione della moneta senza valore ma che viene utilizzata e consente il pagamento delle tasse. Nel tempo si vuole che questa moneta scarsa abbia un valore in sé: si fa quindi riferimento ai metalli preziosi, in particolare l’oro. Perché questa sudditanza all’oro nel tempo? 
 
La scarsità produttiva suggeriva un limite alla moneta, dato appunto dalla presenza di un metallo parimenti scarso e di problematica estrazione: infatti quando arriva tanto metallo prezioso dal Nuovo Mondo nel XVI secolo, viene monetato, ma il risultato è solo fortemente inflattivo. Oggi no: le capacità produttive sono sovrabbondanti, ma la società è rimasta maschile, basata sui criteri della scarsità. Anche la moneta deve passare dalla logica della scarsità a quella della sufficienza rispetto alle esigenze: ma siamo culturalmente pronti soprattutto in termini di consapevolezza?
 
Ora la moneta vera però è quella che esubera e produce beni e servizi per tutti. “Negli anni 70 del secolo scorso noi economisti stavamo guardando con favore ed interesse la situazione che prometteva bene. In quegli anni negli Stati Uniti Nixon annunciava che per i non residenti il valore della moneta non era più collegato all’oro. Si sarebbe dovuti entrare veramente nell’età dell’oro. Invece si è verificato un attacco all’economia Keynesiana, allo  sviluppo e l’inefficienza della spesa pubblica con errori di arbitrarietà nella scarsità”.
 
Ci si trova di fronte alla microeconomia e alla macroeconomia. Ciò che va fatto nella microeconomia è la minimizzazione del costo (lavoro, risparmio nell’ambiente etc.)quindi l’impresa lavora e vende, mentre nella macroeconomia il lavoro vuole il rispetto delle regole: più si rispettano e più stiamo bene,  con la differenza che nel tempo si sono trovati degli escamotages che hanno premiato chi si comportava peggio ed hanno portato in questo contesto alla competitività. In tutto ciò la funzione dei governi dovrebbe essere quella di ridurre il contrasto tra microeconomia (minimizzare i costi) e macroeconomia (massimizzare il valore) che all’inizio stava dando i suoi frutti, ma con il tempo è venuta a mancare e i governi hanno sbagliato le politiche.
 
Il Dottor Galloni ha continuato parlando di due modelli di impresa: quella manageriale che ha portato alla massimizzazione del profitto, molto sviluppato con le partecipazioni statali e spinto fino a che l’ultimo pezzo produca reddito. Il profitto quindi è il risultato finale, massimizza l’occupazione alle condizioni di mercato e se sufficiente può portare a un benessere,  la sua eticità è sottolineata da questa strategia (si produce finché non ci sono perdite). Il secondo modello porta l’impresa ad obiettivi diversi. La definizione del profitto si stabilisce all’inizio del ciclo produttivo, quindi in questo modo viene a cadere l’eticità e ci si trova di fronte ai seguenti passaggi: produttore – proprietà – impresa che scarica sulla società civile.
 
Negli anni 80 del secolo scorso si è verificato un balzo degli interessi bancari: le grandi imprese destinavano i loro profitti nell’acquisto di titoli di Stato anziché investire nelle infrastrutture. Come conseguenza di queste manovre si è arrivati alla grande crisi del 1992 con gli economisti che non capivano come mai non ci fosse sviluppo. Con il boom della borsa e lo spostamento di investimenti dalle obbligazioni alle azioni, i proprietari e i grandi manager hanno dettato regole precise sul mantenimento dei profitti al livello degli interessi  (7%)degli anni  ‘80. Con la grande crisi attuale però tutto ciò non è più stato possibile mantenerlo. Qui il Dottor Galloni ha portato esempi specifici nell’economia italiana, con riferimenti ad aziende di settore e la partecipazione o compartecipazione di aziende estere e il conseguente intervento o meno dei governi interessati e di quanto abbiano o meno lavorato per il bene comune.
 
Senza contare il ruolo delle banche centrali e l’immissione di moneta che aveva l’obiettivo  non di coprire le loro mancanze e misfatti ma del benessere comune dove le regole si stabiliscono con l’equazione: c’è tanta moneta quanta ne serve.
 
Tutto questo ci ha portati ad una predominanza nel tempo fino al culmine attuale di una economia maschile della scarsità, mentre potrebbe, finalmente, tornare l’abbondanza.  A conclusione del suo intervento il dottor Galloni ha espresso l’opinione di poter vedere le donne intervenire sostanzialmente nelle imprese, nello stato e nell’economia, non tanto in termini di quote rosa per come se ne discute negli ultimi anni, quanto nel vedere come l’economia nelle loro mani possa cambiare  tornando al servizio del cittadino e attraverso lo sviluppo della coscienza. 
La moderatrice Maria Gabriella Mieli ha poi introdotto il terzo relatore, Giuseppe Calì, Presidente nazionale della Universal Peace Federation, sezione italiana, che ha condivisio le sue riflessioni dal titolo “La Necessità di una Governance Equilibrata”.
 
Giuseppe Calì ha iniziato il suo intervento ringraziando i due relatori precedenti e aggiungendo che la sua relazione sarebbe stata un po’ diversa, “meno tecnica”.
“L’Economia è Donna” ha poi proseguito “ Sono appena rientrato da una Assemblea mondiale alla quale erano rappresentate più di 120 nazioni e una delle sessioni più importanti è stata sicuramente quella che ha coinvolto le donne, molte delle quali provenienti da paesi in via di sviluppo, con enormi risorse disponibili, non solo in termini di materie prime, ma anche intellettuali”.
    
Giuseppe Calì ha poi continuato con una citazione da Gandhi “La verità è l’uomo stesso, essa è quindi in noi e tra di noi, quando ci rapportiamo l’uno all’altro con amore, cioè altruisticamente e siamo disposti a contrapporre all’ingiustizia la forza dell’autocoscienza libera da violenza e dell’auto rispetto”, seguita da un’altra citazione di Kant “Lo scopo della politica è lo stabilimento della libertà e della felicità del pubblico…” Da qui è poi partito il suo intervento suddiviso in sei punti.
 
1.La cultura attuale è prettamente maschile, mira alla razionalità, ma lo è veramente? Ci troviamo di fronte a squilibrio, violenza, ingiustizia, concentrazione di potere e risorse, corruzione, problemi di salute e problemi ecologici.
 
2.La donna potrebbe fare meglio nella gestione della società? E’ veramente questa la soluzione? Spesso la donna segue modelli culturali maschili nella nostra società occidentale. Non è positivo quando essa è costretta a reagire, piuttosto che agire; non è soggetto ma oggetto e compete con l’uomo in un campo che non è propriamente il suo. La donna usa un tipo di “intelligenza maschile” e ottiene risultati perché studia e si applica di più, è più disinteressata e soprattutto mostra più passione. Ma spesso applica modelli maschili perché è stata formata in questo modo nella scuola, nei partiti, nelle istituzioni.
L’uomo compete di più, in maniera quasi eccessiva e applica un campanilismo esasperato, una ricerca del potere che resta concentrato nelle mani di pochi, con difficoltà di lavoro collegiale ed emergere delle personalità forti  con tendenza alla strumentalizzazione. A volte la donna è coinvolta in questo meccanismo. Le donne possono fare meglio ma  le “quote rosa” sono veramente la soluzione?  In questi contesti si nota molto la mancanza di modelli femminili, di qualità femminili, anche quando sono le donne a gestire.
 
3.Andiamo all’origine della vita.  L’inizio dell’esistenza è l’unione di un principio maschile con uno femminile, comunque oggi lo si voglia attuare. L’equilibrio tra questi due principi è quindi l’essenza della vita e delle relazioni che la circondano ed alimentano. 
 
4.Famiglia e casa. Tutti i modelli sociali, economici etc., devono iniziare da questa premessa: veri padri e vere madri, un modello per la famiglia e la società. La famiglia è il modello universale del funzionamento della società. Bisognerebbe che dedicassimo molto più tempo a scoprire come e a sostenere lo sviluppo di famiglie sane. Osserviamo come giocano i bambini. I maschietti sono più forti e competitivi, mentre le bambine si concentrano di più sulle relazioni piuttosto che sulla competizione. La società non è più un’estensione della famiglia e i fenomeni deleteri nelle vite degli adolescenti e dei giovani in genere nascono prevalentemente nella scuola. Siamo di fronte ad un sistema che non mira a sostenere e proteggere la famiglia e un sano rapporto uomo-donna.
La donna come moglie, madre, regina della casa, come amministra la propria famiglia?
Confucio diceva “Chi non amministra bene la propria famiglia, come può amministrare un popolo?”
E’ la donna che si preoccupa maggiormente dei dettagli, di chi sta bene e chi no, che dà a tutti a seconda dei loro bisogni, non in base ai meriti, bensì in base all’amore. Chi si occupa maggiormente della distribuzione delle risorse è sempre la madre: non basta avere delle risorse, è importante che vengano ugualmente distribuite. La distribuzione, la cura etc., sono principi essenzialmente materni. Non soltanto non ci sarà equilibrio senza questi principi, ma oggi c’è proprio la necessità di equilibrio tra principio paterno e principio materno.
 
5.Acquisire un modello familiare sano. Abbiamo bisogno di integrare la sensibilità, la percezione, la consapevolezza femminile nei modelli economici, politici, istituzionali, scolastici, etc. Questa è una rivoluzione culturale senza la quale non ci potrà essere mai nessun vero cambiamento.
6.Vecchi stereotipi? Antichi modelli.  Oggi tendiamo a dire che uomini e donne sono uguali  tranne che per i loro organi sessuali. Non si parla più di padre e di madre bensì di genitore 1 e genitore 2. La Bibbia dice “Onora il Padre e la Madre” e questo è un concetto presente alla radice di tutte le culture. Sono questi vecchi stereotipi? “Io sono comunque nato da uno sperma maschile e un ovulo femminile e questa è l’essenza della vita, e se noi  neghiamo ciò, oltre troviamo solo la barbarie e il nulla. Quello di cui abbiamo un assoluto bisogno è invece di Veri Padri e Vere Madri che possono trasmettere  i valori e gli insegnamenti originali, affinché i nostri figli e le generazioni future abbiano ancora qualcosa da ereditare” ha concluso Giuseppe Calì.
 
Quarta e ultima relatrice Elisabetta Nistri, Presidente entrante della WFWP Italia  ha esposto le sue riflessioni sul tema “Tra Individualismo e Globalizzazione è Possibile un Futuro Prospero?”.
 
La signora Nistri ha cominciato il suo discorso facendo una panoramica sullo stato della popolazione mondiale . Sulla terra vivono circa 7 miliardi di persone. In cima alla piramide ne troviamo  1 miliardo che vivono bene, senza grosse preoccupazioni ed includono tra gli altri i dipendenti delle multinazionali e tutti coloro che hanno un reddito: in questa fascia sono comunque inclusi gli italiani, tranne i disoccupati e quelli vicino alla soglia della povertà. In mezzo troviamo 2 miliardi di persone che comprendono la popolazione del Sud del Mondo in genere, coloro i quali hanno un piccolo stipendio, persone tipo lavavetri con lavori cosiddetti umili, le persone dell’Est Europa: tutte queste categorie sono considerate utili per i vertici  perché comunque producono. Infine, alla base della piramide troviamo ben 4 miliardi di persone che non hanno stipendio e non sanno se riusciranno a mangiare la sera. Sono inclusi in questa fascia tra gli altri i contadini cinesi e le persone appartenenti al livello più basso delle caste indiane. Essi, non producendo e non consumando, non sono considerati utili per i vertici governativi.
 
Noi quindi, paragonati al resto del mondo e nonostante la crisi che stiamo attraversando, siamo comunque al vertice della piramide e siamo fortunati, perché sotto di noi ci sono più di 4 miliardi di persone alla fame.
In Italia e in occidente in genere siamo abituati ad uno standard che ci fa vivere nell’abbondanza, che va ben oltre il necessario e in genere non apprezziamo più quello che abbiamo; abbiamo bisogno di riempirci di “accessori” per sentirci sicuri della nostra identità davanti agli altri, per riuscire a dimostrare chi siamo, non solo noi adulti. Questo fenomeno è sempre più evidente nei giovani e tra i giovani, gli adolescenti in particolare, ed è sempre più difficile uscire dall’ ingranaggio del consumismo.
 
Questo è uno dei risultati della globalizzazione che si è realizzato non per una visione specifica o per un vero interesse globale per il bene del mondo, bensì per gli interessi personali ed individualistici di chi è riuscito a gestire il potere economico, sfruttando senza regole le risorse naturali, le risorse economiche di molte nazioni, arrivando anche a schiavizzare le persone indipendentemente  dall’ideologia politica, solo ed esclusivamente per ottenere profitti propri a scapito di tutti gli altri.
     
La globalizzazione ha portato anche risvolti positivi, ha avvicinato le culture e  i popoli, ha permesso e facilitato la creazione di reti di comunicazione e di scambio, anche se non sempre motivazione e fine sono stati il benessere comune; spesso abbiamo visto popoli sfruttati e un mantenimento di vecchie e insane abitudini con l’obiettivo di lucrare sulle persone.
 
L’Europa ha aperto i confini tra gli stati membri e molte barriere sono cadute. Non è più il momento di essere chiusi in noi stessi: anche non volendo, veniamo  coinvolti in problemi e situazioni che non riguardano più solo la nostra cultura. Abbiamo comunque bisogno di relazionarci con le persone intorno a noi e in questo la globalizzazione ci ha aiutato però ha anche creato più distanza in termini di benessere tra i vari segmenti della popolazione.
 
Il punto di partenza quindi è il momento più importante: quale è la motivazione che ci conduce verso gli altri? Se è per sfruttare altre terre, e altri popoli, allora non stiamo facendo altro che ripetere errori e modelli primitivi di dominio sull’altro, ora in campo economico invece che militare, e che comunque conducono al conflitto. Prima o poi questi comportamenti sbagliati ricadranno su di noi e sui nostri figli.      
 ” Il futuro dell’umanità sarà o di vera pace e diritti umani in ogni paese, o non ci sarà futuro per nessuno”, ha continuato Elisabetta Nistri.
Viviamo in grandi città e le persone  vogliono  vivere al sicuro, certe che non gli manchi nulla. Quando le persone sono così timorose di perdere le loro cose, di non essere più curate o di non sentirsi più curate, come conseguenza non saranno più in grado di dare. Quello che abbiamo non sembra mai abbastanza. Viviamo in una situazione nella quale le persone accumulano sempre di più ed hanno sempre più difficoltà a condividere, a dare,  perché vogliono adattarsi a un modello globale che dice che non c'è abbastanza in questo mondo per tutti noi, che dice che solo alcuni di noi potranno sopravvivere, che dice che le persone più intelligenti sono quelle che sono in grado di sfruttare gli altri e raccogliere di più. Più strada facciamo  in una economia di mercato, meno attraente diventa essere un donatore. Sempre più spesso, con l'accumulo di beni e capitali, le persone acquisiscono  potere.
 
La signora Nistri ha poi continuato parlando della “Gift Economy” (economia del dono), un interessante modello di economia proveniente dall’Africa Occidentale (Mali). In Africa le persone vengono giudicate in base a quanto danno e anche se una persona non ha molto, quando dà è considerata una persona buona. In altre nazioni il metro di misura è diverso, vieni considerato sulla base di quanto hai e non di quanto dai. La “Gift Economy” è centrata sul dare, passando il dono, spostandolo altrove. Ed è più attiva con persone e luoghi che sono meno in contatto con il modello globale, specialmente in Africa Occidentale: le persone considerate povere donano molto di più confronto alle persone che hanno molto di più. La “Gift Economy” è un modo di vita. Quando tu non dai allora la gente comincia a preoccuparsi di te  e a chiedersi che tipo di persona sei diventata. Essere ricchi qui vuol dire che c'è qualcosa di sbagliato in te, che non stai dando abbastanza per i bisogni della tua comunità.
 
Elisabetta Nistri ha continuato focalizzando l’attenzione sulla situazione delle donne nel mondo. Le donne sono ancora molto forti perché, malgrado le difficoltà in termini di diritti umani e di persecuzioni varie, esse continuano ad amare e a prendersi cura della famiglia. La soluzione ai problemi consiste nel principio sul quale si basa l’esistenza: l’armonia nello scambio di dare e avere tra gli elementi crea vita e crea energia. Questo principio dovrebbe essere applicato nella società, cominciando dalla coppia, la famiglia e l’ambiente intorno a noi, equilibrando la presenza e la partecipazione delle donne con le loro qualità peculiari, in posizioni manageriali e di guida, insieme con gli uomini. ” L’uomo o la donna da soli non possono avere una visione completa della realtà, ecco perché la nostra società è sbilanciata. Ma  aiutando le donne automaticamente migliora la situazione dei bambini, delle famiglie e della società” ha proseguito la signora Nistri.
 
Come presidente della sezione italiana della WFWP, Elisabetta Nistri ha detto che pur non avendo voce in capitolo nel mondo economico, né esperienza in merito,  sta seguendo attentamente i problemi e le conseguenze di una economia malata, della fame nel mondo, dello sfruttamento di donne e bambini in molte aree del nostro pianeta. Vivendo in italia ed essendo madre di quattro figli, è preoccupata pensando alla situazione di molte famiglie che, in conseguenza della crisi, si stanno avvicinando pericolosamente alle soglie della povertà. “Tutto ciò è ingiusto; non è possibile che chi lavora dignitosamente non possa ricevere il dovuto stipendio poiché l’azienda nella quale lavora non riesce più a mantenere i propri dipendenti. Ed è anche ingiusto che la società in cui viviamo sia così altamente penalizzata dalle molte tasse su tutti i fronti” ha lamentato. Molte donne nella società in cui viviamo sono diventate manager professioniste nelle loro famiglie sia  per sostenere i propri mariti, sia per non far pesare troppo la situazione di disagio sui figli, e anche perché oltre al lavoro esterno hanno la responsabilità della cura dei propri cari e a volte dei genitori anziani a carico. Quando la donna, con le sue doti innate, riesce ad essere il perno della famiglia e a trasmettere valori sani, allora, anche nelle difficoltà, riscopriamo il valore di stare insieme, di risparmiare rinunciando a qualcosa, avendo più tempo per ascoltarci, comprendere, fare cose insieme. Vediamo sempre più famiglie con genitori che lavorano entrambi a tempo pieno e frequentemente i figli sono lasciati a scuola, con la babysitter o dai nonni nei casi più fortunati.
 
Elisabetta Nistri ha poi parlato della missione della WFWP e di tutto il cammino fatto nei 21 anni trascorsi dalla fondazione fino a raggiungere il massimo livello che una Organizzazione Non Governativa può raggiungere all’interno delle Nazioni Unite  nella Commissione Economica e Sociale, sottolineando l’importanza di lavorare in vera partnership tra uomo e donna in tutti i livelli della società, cominciando dalla famiglia. In maniera particolare ha evidenziato il valore dei fondatori della Federazione delle Donne, il Dottor Rev. Sun Myung Moon e sua moglie, Dottoressa Hak Ja Han Moon e il loro investimento totale per un mondo di pace. Il ruolo della signora Moon, madre di 14 figli, moglie di un leader religioso di tale portata conosciuto in tutto il mondo, la quale ha sacrificato la sua intera vita per la pace e il benessere  dell’umanità insieme a suo marito, è stato fondamentale  per la loro vita e di esempio per tutti noi, ha continuato la signora Nistri, riconoscendo nei coniugi Moon l’esempio della vera coppia e di una vera famiglia. L’intervento di Elisabetta Nistri si è concluso con il nuovo progetto della WFWP, il Global Women’s Peace Network e l’importanza di lavorare insieme come donne e come organizzazioni, sulla base dei valori condivisi nel suo intervento ed auspicando che tutti i presenti possano diventare Ambasciatori di Pace per il bene comune di tutta l’umanità.
 
Tra il pubblico presente, Sua Eccellenza l’Ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo Dottor Albert Tshiseleka Felha che nel suo intervento ha chiesto  aiuto per la situazione delle donne nella sua nazione.L’incontro si è concluso con la consegna del certificato di Ambasciatore di Pace al Dottor Antonino Galloni per il suo impegno a favore del benessere globale e a sostegno del la presenza femminile ai vertici sia istituzionali che manageriali, come richiesto dal terzo Obiettivo del Millennio  delle Nazioni Unite (MDG     n. 3). 
 
Report di Maria Gabriella Mieli
    
 
 

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